Il 17 settembre 1908, a Fort Myer, in Virginia, il tenente Thomas E. Selfridge, giovane ufficiale dell’esercito statunitense, perse la vita in un incidente aereo. Si trovava a bordo di un velivolo dei fratelli Wright, pionieri del volo, durante una dimostrazione destinata a convincere l’esercito dell’utilità della nuova macchina volante. Selfridge, appena 26enne, era noto per il suo entusiasmo verso le innovazioni tecnologiche. Accettò di salire come passeggero accanto a Orville Wright, che pilotava l’aereo. Dopo pochi minuti in volo, una delle eliche si ruppe, danneggiando la struttura. Il velivolo precipitò da un’altezza di circa 30 metri. Orville riportò gravi ferite, ma sopravvisse; Selfridge, colpito violentemente alla testa, morì poco dopo.
La tragedia ebbe vasta eco. Per la prima volta, il sogno del volo mostrava anche il suo lato mortale. Eppure, lontano dal frenare lo sviluppo, l’incidente spinse a migliorare la sicurezza dei velivoli. Il sacrificio di Selfridge rimane un simbolo della fragile frontiera tra progresso e rischio, e il suo nome è ricordato come la prima vittima dell’aviazione a motore.
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